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Validation: Un Percorso Di Condivisione, In Evoluzione

di Silvia Pellegrini, Insegnante metodo Validation, Educatrice professionale

Tempo di vacanze: tutto rallenta, riprendiamo fiato dalla frenesia della quotidianità e riusciamo ad assaporare meglio gli istanti che stiamo vivendo. Ripensando degli avvenimenti che si sono susseguiti negli ultimi mesi, prendo consapevolezza che il metodo Validation mi ha dato modo di  realizzare sessioni individuali, riunioni di Gruppo ed ha permeato tutte le attività educative  quotidiane. E’ stato inoltre elemento di incontro e condivisione in ambito accademico, di formazione e di presenza sul territorio.

Durante le sessioni Validation individuali ho avuto la possibilità di condividere momenti di profonda empatia; tra tutti, nella mia mente, sono ben presenti quelli realizzati ad inizio anno con la signora Maria, prima fase del disorientamento. Di fronte alla perdita evidente di diverse autonomie (camminare, vestirsi, alimentarsi), Maria ha mostrato una deflessione importante del tono dell’umore; l’equipe multidisciplinare della struttura in cui vive ha subito intrapreso alcune azioni dettate dal buonsenso o definite dai normali protocolli. 

Così le sono stati somministrati dei farmaci e tutte le figure professionali ed i parenti sono stati invitati ad incrementare il suo coinvolgimento nelle attività, nelle uscite, nei momenti di convivialità. Pratiche preziose, importanti, ma è solo durante le sessioni individuali che Maria ha avuto modo di esprimere appieno e vedere accolto il suo desiderio di morire e di tornare alla terra natia. Più volte mi ha detto, con rassegnazione: “Che cosa sto a fare qui, mi sento una macchina tutta rotta, inutile. Vorrei morire”. 

Momenti di astensione da qualsiasi giudizio, accoglienza e condivisione; non ho infatti cercato di distrarla, di farla ragionare, di minimizzare la sua situazione, di consolarla. Mi è capitato più volte di accogliere, durante i normali colloqui con i residenti in RSA, questi stati depressivi, gravi flessioni del tono dell’umore; non solo nelle prime fasi del disorientamento, ma anche in anziani ancora perfettamente integri cognitivamente. Grazie a questa consapevolezza, Validation ha trovato posto in un capitolo della tesi di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche che ho discusso lo scorso aprile. Il metodo ideato da Naomi Feil, sebbene sia destinato ad un target di popolazione ben specifica (grandi anziani con compromissioni cognitive dovute ad Alzheimer o altre demenze correlate), presenta degli elementi che risultano essere di grande aiuto nella prevenzione, rilevazione e ricostituzione del benessere delle persone anziane con disturbi depressivi in generale, sia integri che con deterioramento cognitivo.

L’atteggiamento validante è infatti un approccio autenticamente empatico e accettante che stimola un’apertura relazionale, elemento di primaria importanza quando il tono dell’umore diventa distimico: l’individuo sente di essere riconosciuto e accolto senza pretese di cambiamento o aspettative. Ci aiuta ad accogliere le manifestazioni comportamentali dell’anziano (comprese quelle maggiormente correlate all’ambito depressivo come apatia, anedonia, tendenza all’isolamento, iporessia), spesso legittime reazioni a situazioni venutesi a creare con l’avanzare dell’età o connesse a bisogni non soddisfatti. Grazie alla mia esperienza in ambito geriatrico (più di quindici anni) ho sostenuto che proprio l’atteggiamento validante possa essere posto alla base degli interventi psico-educativi da mettere in atto con persone anziane con disturbi depressivi.

E nel concreto, i risultati, sono evidenti: i segnali di disturbi depressivi vengono rilevati precocemente e si evita la degenerazione e la conclamazione degli stessi (in azione congiunta con altri specialisti). Sono presenti miglioramenti in numerose aree: percezione e presentazione della persona, aumento del peso e delle ore di sonno, diminuzione dell’anedonia, incremento (su richiesta dell’anziano stesso) della partecipazione ad iniziative e momenti di convivialità, ripresa di atti di cura verso parenti e conoscenti. Durante l’ultima annuale intervisione/supervisione dell’AVO a cui appartengo (Agape AVO) il Master e le colleghe insegnanti e formatrici presenti hanno riportato che, nella quotidianità lavorativa, hanno avuto modo di appurare i medesimi risultati; ne è nata l’idea di condividere questa riflessione in ambito accademico con la partecipazione al XVI Convegno Nazionale di Psicologia dell’Invecchiamento dell’Università degli Studi di Pavia. Venerdì 26 maggio è stata quindi proposta una tavola rotonda dal titolo “La validazione delle emozioni: una possibilità di care e self-care nella depressione dell’anziano” con un buon riscontro ed interesse da parte di diversi partecipanti. 

La tavola rotonda è stata definita da un primo momento di inquadramento teorico (disturbi depressivi, approccio validante e metodo Validation) a cui sono seguiti una serie di interventi (presentati dalle diverse figure professionali) che hanno illustrato le differenti applicazioni pratiche: un’anziana non compromessa cognitivamente e residente a domicilio, un anziano con lievi compromissioni frequentante un CDI, una anziana con moderate compromissioni e residente in una RSA ed infine con una caregiver (familiare). L’atteggiamento validante permette infatti di prendere consapevolezza dei personali preconcetti e giudizi, di validare le emozioni che si scatenano nel processo di cura ed avviare un processo di crescita (da realizzare con percorsi appropriati), prevenendo il fenomeno del burn out e aiutando a contrastare la comparsa di tratti depressivi generati dalla malattia o dalla necessitò di istituzionalizzazione del proprio caro.

E a livello di sessioni di gruppo? I gruppi Validation o la partecipazione ad Alzheimer Cafè (che si ispirano nella costituzione ai gruppi validanti) sono allo stesso modo momenti di grande accoglienza delle emozioni e possono favorire un recupero dell’autostima in modo con-partecipato, contrastando quegli atteggiamenti che favoriscono l’insorgere o il peggioramento di stati depressivi. E negli ultimi due mesi, i dati osservazionali di alcune delle anziane partecipanti alle sessioni di gruppo (il “Gruppo delle Amiche Simpatiche”) realizzate presso l’RSA in cui lavoro hanno contribuito a realizzare uno studio che sarà portato al Convegno Europeo Alzheimer di Helsinki del prossimo 18 ottobre (dal titolo Giving value to the identity of people with dementia in Validation® group sessions, Virtual presentation, area “New opportunities in treatment and management”). Ma di questo studio non anticipo nulla, lasciandovi il piacere di scoprirlo nel Convegno europeo e magari in una prossima newsletter del VTI. 

Se ripenso a tutto quello che ho indicato, non mi resta che constatare quanto Validation abbia arricchito la mia vita professionale e personale e continui a farlo ogni giorno. E sono sempre più grata di aver incontrato questo metodo oramai 13 anni fa… aspettando nuove collaborazioni ed approfondimenti nei prossimi mesi.